Carla Ferriroli
1 Aprile 2017
Variazioni di Paesaggio
Disegni e Litografie
1 – 23 aprile 2017
Inaugurazione: sabato 1 aprile – ore 17.30
a cura di Giulia Grassi
testo e presentazione di Giulia Grassi
Era il 1807 quando, per la prima volta in Italia, veniva brevettata la tecnica Litografica, giunta a Milano da Monaco dove, nel 1798 Aloys Senefelder (1777-1834) aveva dato vita a questo nuovo procedimento di stampa. La tecnica litografica consiste nell’utilizzo di una matrice in pietra sulla quale viene tracciato il disegno servendosi di materiali a base di sostanze grasse (matita, inchiostro, gessetto). La matrice, bagnata con acqua, viene inchiostrata con un rullo che fa aderire l’inchiostro idrorepellente solo alle parti disegnate. A distanza di più di duecento anni dalla sua diffusione, questa tecnica di stampa “in piano” (non a “in cavo” come la calcografia o “in rilievo” come la xilografia), mantiene inalterata la sua natura estremamente “rapida” e squisitamente “semplice” che la rende così vicina, nell’esperienza e nel risultato, alla pratica del disegno. Semplice, ma non facile: è necessaria una grande esperienza e abilità in fase di stampa ed è fondamentale il corretto utilizzo del torchio mediante il quale, la pressione viene esercitata da un segmento di legno rivestito di cuoio, chiamato “coltello”. Lo stesso carattere di immediatezza e spontaneità nel segno, si ritrova nelle opere di Carla Ferriroli, giovane artista svizzera (Malvaglia, Canton Ticino), che ricerca prima di tutto la genuinità del tratto: una libertà espressiva capace di stupirsi di fronte all’imprevedibilità del risultato finale, “senza sapere cosa troverai, ma sapendo che tutto quel che troverai, ti porteràa voler ricercare ancora”. È il paesaggio, urbano e naturale, lo specifico orizzonte di ricerca che ha dato, non a caso, titolo al suo lavoro più compiuto e completo realizzato nel 2016: la cartella “Variazioni di Paesaggio” disegnate e stampate durante il soggiorno alla Künstlerhaus di Monaco di Baviera e che danno sinteticamente nome a questa mostra. A partire da un soggetto-tema, che l’artista realmente vive, osserva, indaga e studia (sia esso il paesaggio delle Alpi Lepontine nel suo territorio natale o le vedute urbane della capitale bavarese) si giunge a risultati differenti, ottenuti per variazioni (sottrazioni o aggiunte), modifiche e differenziazioni rispetto al tema originale, che sembrano offrire allo spettatore la percezione di una variabilità dell’oggetto, al variare del punto di osservazione. Così come avviene per le “variazioni” in ambito musicale, le modifiche possono riguardare qualunque aspetto del tema: possono cambiare l’impianto armonico, il ritmo, il timbro, l’ornamentazione, l’articolazione, la dinamica, ma sullo sfondo il tema rimane sempre riconoscibile. Nella mia mente risuonano le note di “Ah, vous dirai-je Maman“, poste alla base delle Dodici variazioni in Do Maggiore K. 265 (1778) per pianoforte di A. W. Mozart. Le variazioni costituivano essenzialmente una tecnica di improvvisazione di fronte ad un pubblico; una manifestazione di grande creatività, ma allo stesso tempo di dominio perfetto della tastiera. Io credo, analogamente, che all’artista sia richiesta un’ottima padronanza del mezzo grafico per cedere, solo successivamente, a sperimentazioni originali, che siano il prodotto di studio e di ricerca, riscontrabili, nel caso specifico, nei lavori a matita eseguiti dall’artista bleniese. Lo spazio che Carla Ferriroli descrive è qualificato principalmente per la sua verticalità; la sommità dei monti e delle moderne architetture urbane, è raggiunta attraverso compenetrazioni lineari che descrivono traiettorie più che delineare forme. Sono immagini di un territorio sempre in salita poiché, come affermò Italo Calvino, “ogni itinerario conoscitivo non può che iniziarsi con una scoscesa dislocazione verticale”[1]… “Così – dice qualcuno – si conferma l’ipotesi che ogni uomo porta nella mente una città fatta soltanto di differenze, una città senza figura e senza forma, e le città particolari la riempiono”[2].
[1] I. Calvino, I segni alti (per Fausto Melotti), 1971, in I.C. Saggi, Meridiani, Mondadori, 1995
[2] I. Calvino, Le città invisibili, 1993, Mondadori – p. 33
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