Odd Skullerud
2 Settembre 2019
Natura e segno
incisioni
dall’8 al 29 settembre 2019
a cura di Ubaldo Rodari
testo e presentazione di Ubaldo Rodari
Per gli artisti il tema del paesaggio è sempre stato di grande stimolo per approfondire gli aspetti linguistici del loro lavoro. Nell’opera incisoria, la ricerca di un segno che potesse dar vita alle varie forme del paesaggio e in particolare a quel continuo cambiamento di luce e di atmosfera, è sempre stata un elemento costante che, attraverso l’applicazione delle numerose tecniche, doveva chiarirne il linguaggio. Oggi nel lavoro di Odd Skullerud, pittore e incisore norvegese, ritroviamo questa volontà di ricerca che ha per oggetto il paesaggio scandinavo, o meglio, il paesaggio della sua terra. La cosa non è di poco conto, se consideriamo che l’amore per la natura costituisce la radice profonda della cultura del popolo norvegese. Odd Skullerud incarna con orgoglio questo sentimento, trasferendolo con abilità nelle sue incisioni che parlano in maniera semplice e chiara di “quella” natura. Un mondo fatto di foreste e di acqua, dove il cielo, specchiandosi nei laghi e nelle paludi, amplifica il senso dello spazio che diventa improvvisamente più severo tra le pareti dei fiordi. Durante il suo periodo di formazione Odd Skullerud ha senz’altro guardato alla pittura di Johan Christian Dahl (1788 – 1857) e soprattutto a Hermann August Cappelen (1827 – 1852) che interpretava la natura norvegese in chiave romantica e fortemente simbolica, ammirandone le qualità pittoriche e le atmosfere cariche di malinconia. In seguito l’artista, abbandonata la lettura romantico – ottocentesca, è approdato ad un linguaggio più diretto, adatto a raccontare in veste più contemporanea il suo sentimento della natura. Egli costruisce i suoi paesaggi individuandone piani e direttrici che ne costituiscono l’ossatura vitale, privilegiando la lettura frontale. Nel suo racconto visivo l’attenzione dell’artista (che vive e lavora con la sua compagna, la pittrice Anne Langsholt Apaydinli, a Kallerød nei pressi di Manstad) è centrata su quella foresta non antropizzata definita “inutile” perché selvaggia, dove le varie essenze nascono e muoiono naturalmente. Nella foresta di Østfold questo intrico di rami sullo sfondo luminoso di improvvise paludi, diventa il luogo di ricordi giovanili e di minuziose osservazioni contemporanee. In questo rigoroso e rispettoso senso della natura, il linguaggio scelto da Skullerud è quello espresso dalla pratica dell’incisione diretta, più precisamente dalla puntasecca: sulla superficie della lastra è la punta d’acciaio che, con fatica, organizza l’intrico dei segni che l’occhio di Skullerud riesce a catturare nella “sua” foresta e forse la frequentazione giovanile ne ha reso più agevole il lavoro. La puntasecca sollevando le “barbe” metalliche rende le zone di ombra profonda con forme di un nero morbido ed assoluto, mettendo in risalto specchiature di luce preziosa e rara nei suoi aspetti estivi o invernali. Nello spazio del foglio si sviluppa una contrapposizione di chiaroscuro netta e rigorosa che semplifica il racconto del paesaggio senza togliere quel senso di complessità che lo ha costruito. La struttura dei segni che si intrecciano sul foglio appare più essenziale e in qualche caso ha bisogno di una pennellata di colore. Un piccolo accenno cromatico quasi a denunciare l’attenzione e l’amore sconfinato per quella bellezza scarna, per quella natura vissuta nel profondo dell’anima e, forse, illuminata di sbieco dal sole d’inverno.
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